LE PETIT PRINCE

Normalmente non mi occupo di questo tipo di oggetti e il motivo è ovvio: sono alle volte piccoli capolavori, ma appunto la loro stessa taglia gli impedisce di diventare ricercati se non da musicisti in erba. La bellezza di questo "principino" mi ha fatto non solo venire la voglia di fotografarlo e descriverlo, ma ha anche fatto riaffiorare alcune riflessioni su uno dei problemi centrali dell'archetteria e non solo.

Anonimo Mirecourt

L'occasione fa l'uomo ladro. Come già detto non mi sono mai occupato di archi di questo genere, ma avendo da poco acquisito una nipotina di quattro anni e volendola portare sulla via della perdizione violinistica, ho deciso di farle un regalo diverso per Natale.

Poco prima delle feste decido di fare visita ad un collega che commercia in oggetti di questa tipologia. Solitamente gli archi piccoli, 1/4, 1/2, ecc., non sono oggetti bellissimi provenendo principalmente da produzioni seriali, appena entrato però, questo piccolo archettino ha catturato la mia attenzione.

L'oggetto oltre ad essere praticamente intonso, fatta eccezione per la scarpetta in avorio, è anche lavorato in modo eccellente e rispecchia la freschezza e la giovinezza dell'autore.

La bacchetta è di legno di prima qualità, cosa non strana nelle produzioni di Mirecourt di fine Ottocento primi Novecento. Essendo archi più piccoli spesso venivano usate bacchette scartate dalla normale produzione per problemi di misure; vale a dire che dal momento che era troppo corta ad esempio per un 4/4 invece di buttarla si utilizzava per costruire quelli per bambini.

Oltre al buon legno anche la lavorazione della bacchetta è eccellente e la curva tirata perfettamente; cosa non semplicissima dal momento che le dimensioni sono ridotte.

La cosa ancora più sorprendente di quest'oggetto, che mi spinge anche a pensare che l'autore dovesse essere giovane, magari un apprendista bravino di un qualche grande laboratorio cittadino, è lo sviluppo stilistico dell'arco.

Innanzitutto si vede la scuola. Sia testina che nasetto riportano tutti i caratteri stilistici della scuola Francese.

Partendo dalla testina, nonostante essere piccola quindi già per questo motivo non di semplice realizzazione, si osserva immediatamente che lo sviluppo è istruito e ragionato. Le tre curve portanti delle teste, smusso, cresta, e arrivo sulla casetta si compenetrano perfettamente dando il giusto movimento alla forma. Dovendo in oltre chiudere l'incrocio delle linee centrali, allarga lo smusso ottenendo anche un alleggerimento di tutta la testina.

Sempre parlando della testa, osservandola da sopra si vede una piccola rientranza del legno all'arrivo sulla casetta che fa intravedere i bianco dell'avorio sottostante. Anche questo dettaglio è pura scuola Francese, ricorderete infatti che i tedeschi fanno rientrare la curva dello smusso della guancia completamente iscritta nel legno.

Passiamo al nasetto. Lo stile è un incrocio tra Dominique Peccatte e Nicolas Maline ed è eseguito in maniera magistrale. Riporta anch'esso tutte la linee guida della scuola Francese. Le dimenzioni complessive e il posizionamento degli occhi, lo smusso della veretta e la conicità della slitta in madreperla; tutto parla Francese, persino l'addolcimento dell'arrivo della paletta superiore anche se questo come altri, fa parte di quei dettagli che mi fanno presumere sia stato costruito da un giovane. Unica pecca del nasetto non avere il ginocchio in argento, ma per questi archi è praticamente una regola.

Come dicevo nella mia opinione è un oggetto costruito da un giovane e talentuoso apprendista in uno dei tanti laboratori attivi a Mirecourt e lo si evince in particolar modo da alcune incongruenze stilistiche. Nonostante la mano sia ben educata e di buon livello, l'arco ne presenta comunque alcune.

Gli archi infatti non devono avere delle teste e dei nasetti armonici, ma queste due entità devono aderire formalmente anche tra di loro. Un artigiano maturo avrebbe scelto o una differente stilistica per la testa o per il nasetto. Mentre quest'ultimo aderisce come detto ai dettami della prima metà dell'Ottocento, la testina al contrario è assolutamente Novecento e questa diversità viene considerata un errore in quanto interrompe la continuità stilistica dell'oggetto.

Nonostante questo dettaglio insignificante su un arco di questo tipo, l'oggetto mostra, oltre ad una mano eccellente anche se acerba, soprattutto l'importanza di una scuola radicata, nel perpetrare la tradizione.

Ai giorni nostri esistono pochissime scuole che insegnino a costruire archi e quelle poche si dimostrano spesso inefficaci. Questo purtroppo non è un mestiere che si impara sui banchi di scuola, ne che tutti possono fare, e lo si apprende come molti anni fa "a bottega". Oggi giorno però è impossibile, in Italia anche dal punto di vista legale, avere degli apprendisti e i nostri mestieri, quelli artigianali, stanno lentamente, ma neanche troppo, scomparendo.

E' difficile adattare un lavoro nato centinaia di anni fa ai giorni nostri e senza l'aiuto di adeguate leggi che lo proteggano l'artigianato di qualità è destinato a scomparire.

A presto

Paolo

A Giorgia