VUILLAUME L'INNOVATORE

Lo strumento rappresentato nella foto è alto 3,85 metri, si cambiano le note premendo una pulsantiera posizionata sulla fascia superiore destra dello strumento, e per tirare l'arco bisogna salire sullo sgabello messo alla base. E chi se non una mente come Vuillaume avrebbe mai potuto pensare ad un Pachidermone del genere.

L'Ottobasso Di Vuillaume

L'Ottobasso, fu costruito da Vuillaume in stretta collaborazione con Hector Beriolz, e nonostante lo stesso ne parlasse con toni entusiastici nel suo famoso trattato di strumentazione, visto l'evidente macchinosità di utilizzo non ebbe mai un impiego concreto, ma la dice lunga sulla fantasia, l'inventiva e la tenacia del suo costruttore.

Come già detto la scorsa settimana, Vuillaume è un personaggio difficile da inquadrare, e prima di iniziare a parlare delle innovazioni tecniche da lui introdotte è necessario cercare di capire qualcosa in più sul suo carattere.

Jean Baptiste Vuillaume era innanzi tutto un commerciante, ma di una razza molto particolare.
Era dotato della sensibilità che solo i grandi mercanti d'arte hanno, quella di riconoscere la “Qualità” intrinseca degli strumenti e degli artigiani che lavoravano per lui.
I migliori archi e strumenti venivano o costruiti o commerciati da lui, e questo gli consentiva di avere tra i suoi clienti alcuni dei migliori musicisti dell'epoca. Ma essendo un uomo di commercio ben  conosceva l'importanza di vendere sia al piccolo che al grande, e proprio per questo motivo gran parte della sua vita è stata dedicata al cercare novità e soluzioni pratiche da offrire ad una clientela magari meno colta, ma più ampia.

Una delle invenzioni più curiose, superata solamente dall'Ottobasso(forse) è l' Ironbow, o vero l'arco di ferro.
Anche se visto oggi può far sorridere, di questo particolare modello di arco, fatto costruire da artigiani esterni al laboratorio, Vuillaume è riuscito a piazzarne 5560 dal 1834 al 1850. E se ai musicisti servirono più di quindici anni a rendersi conto che l'acciaio non suona, lui aveva comunque fatto un ottimo investimento!

Arco in acciaio J.B. Vuillaume

Una delle innovazioni più conosciute e discusse fu sicuramente l'arco auto-incrinate, che cercava di risolvere il problema del cambio dei crini per chi non abitasse in una grande città, o per quei musicisti che erano sempre in tournée. L'arco veniva fornito con alcuni mazzetti di crini preparati con un cilindretto di metallo che li teneva fermi e pettinati agli estremi, e con il libretto di istruzioni illustrato. La testa aveva un foro circolare che la attraversava trasversalmente poco sopra la scarpetta, in prossimità della mortasa, i cui veniva inserito il cilindretto con i crini. Per il nasetto la cosa era un pochino più complicata. La slitta era incollata alla parte superiore del nasetto, e l'alloggiamento per il cilindretto con i crini era saldato alla madrevite. In questo modo anche se i crini non erano perfettamente pettinati, li si poteva stirare semplicemente girando la vite.

Questa soluzione ebbe un enorme successo grazie ai problemi non piccoli che andava a risolvere, ma suscitò ben più di un malumore. Sembra infatti che nello stesso periodo un altro artigiano, anche lui piuttosto noto, Etienne Pajeot, stesse lavorando su un progetto analogo, ma non si sa come Vuillaume lo bruciò sul tempo e il 26 Febbraio 1836 gli fu accettato il brevetto di esclusiva per cinque anni. Questo non fece molto piacere al caro Etienne, il quale sembra essere stato addirittura il primo ad avere l'idea, ed incrinò definitivamente i rapporti, già per altro non facili, tra i due.

Un altra novità introdotta è l'appoggio del nasetto non ottagonale ma circolare, chiamato in suo onore “Vuillaume”. Consisteva nel fare uno scasso cicolare longitudinalmente all'ottagono della bacchetta in prossimità della mortasa. Tale operazione serviva a creare una guida di scorrimento per il nasetto che naturalmente aveva anch'esso l'appoggio circolare.
Ormai caduto in disuso, questo tipo di appoggio era studiato per rendere più stabile e perfetta l'aderenza del nasetto alla bacchetta, ma ben presto ci si rese conto che l'usura lo rovinava molto velocemente, e che al contrario dell'atro, restaurarlo era molto difficile. E se cliccate sulle immagini potete vedere quanto lo sia.

Restauro appoggio "Vuillaume", bacchetta

Restauro appoggio "Vuillaume", nasetto

Oltre ad aver fatto nasetti con forme stravaganti, come un leone d'avorio a cui escono i crini dalla bocca, J.B.V. amava sorprendere, ed una delle migliori trovate commerciali, fu il nasetto con le micro fotografie. Al posto degli occhi del nasetto, venivano inseriti una lente e un vetro per far entrare la luce, ed in mezzo al nasetto, e pensare che è stato fatto alla metà dell'Ottocento è quantomeno sorprendente, veniva inserita una fotografia miniaturizzata; da 1 mm a 0.5 mm.
I soggetti erano naturalmente LUI in tre differenti versioni, oppure musicisti famosi come Paganini o Sarasate.

Naturalmente oltre alle innovazioni faceva anche commercio e pubblicità. Aveva una sua pece, e per non lasciare scoperto nessun tipo di mercato, visitava e saccheggiava i laboratori di Mirecourt, quello del fratello Nicolas in particolar modo, portando a Parigi strumenti e archi economici che rivendeva ai giovani studenti e che oggi spesso sono scambiati per originali da i non esperti (o dagli esperti dolosi) e sovrastimati; state attenti!

La ricerca effettuata da Vuillaume durante tutta la sua vita, anche se non è andata interamente a buon fine, ha comunque permesso, come dice Raffin nel suo libro (ndr. L'Archet), di spianare la strada a quelli che sono stati i successivi Lamy e Sartory, consentendogli di non incorrere negli stessi errori, anche se naturalmente ne hanno commessi di nuovi; purtroppo nessuno è esente.

Per questa settimana abbiamo finito, ma la prossima vi parlerò di un altro lato del carattere di J.B., la sua Nota Avarizia, come la chiama Raffin nel suddetto libro.

A presto

Paolo.