NIKOLAI FERDINANDOVICH KITTEL; LO ZAR DI TUTTI GLI ARCHETTI (parte II)

Non so in che misura la frase riportata alla fine dello scorso post affermi il vero, è certo però che sicuramente almeno in parte non sia falsa. A confermarlo c'è il testo più importante dedicato a Nikolai Kittel; oltre naturalmente al cognome del signore che la proferì.

Arco da violino laboratorio Nikolai Kittel 1850 c.ca

Prima di saziare la vostra curiosità, che sono sicuro vi stia divorando dall'interno, svelandovi chi fu a pronunciare tali parole, credo sia opportuno iniziare la storia dal principio, raccontandovi quale sia la teoria speculativa sulla vita e sul lavoro di Nikolai Kittel.

Che la vita di quest'uomo sia veramente avvolta dal mistero, lo si intuisce immediatamente sfogliando il libro dei nostri colleghi Tedeschi (The Bows of Nikolai Kittel - Grunke, Gabriel, Chin), anzi di più, direi che è sufficiente il titolo del libro: "Gli archi di Nikolai Kittel".

Intitolarlo in modo diverso sarebbe stato veramente difficile oltre che inopportuno, perché le notizie su di Lui sono realmente isufficienti, ma anche parlando di archi le cose non migliorano affatto, anzi.

La teoria proposta dal libro è quantomeno "stiracchiata" dal punto di vista logico speculativo, anche se contribuisce ad alimentare il mito.

Secondo quanto affermato dal libro, la storia di Kittel come archettaio ebbe inizio da un arco di Francois Xavier Tourte, bellissimo devo dire, montato in oro e tartaruga.

L'oggetto in questione arrivò in San Pietroburgo nelle mani dell'industriale e diplomatico Russo Nikolai Demidov, che a sua volta lo aveva ricevuto in dono da Napoleone I per i suoi servigi. Alcuni anni più tardi lo Zar chiese alla famiglia Demidov di regalare questo stesso arco all'allora giovane violinista Henri Vieuxtemps.

Il famoso solista e pedagogo viaggiò molto, e dal 1837 in poi, visitò più volte San Pietroburgo fino al 1846 anno in cui vi si trasferì, per ricoprire il ruolo di primo violino solista nell'Orchestra Imperiale fino al 1852 quando fece ritorno in Belgio.

Non si sa in quale dei suoi viaggi Vieuxtemps ricevette in dono l'arco Tourte, ma si pensa che Kittel lo abbia visto dalle Sue mani negli anni 40. C'è da tenere però presente che la corte Pietroburghese era un delle più vivaci d'Europa dal punto di vista musicale in particolar modo, quindi Kittel potrebbe aver visto altri archi di origine Francese e Tedesca precedentemente. Louis Spohr, a Pietroburgo nel 1802, suonava archi Tourte, come Pierre Rode, in città tra il 1803 e il 1804, che addirittura era allievo di Viotti, che con Francois Xavier aveva lavorato sul perfezionamento del nasetto.

Comunque secondo il libro quando vide questo oggetto, fu come folgorato sulla via di Damasco, e non solo si appassionò agli archi, ma iniziò anche a costruirne ottenendo immediatamente risultati non dissimili dall'originale.

Questa appunto è la teoria speculativa proposta nel libro, che viene però estrapolata accantonando elementi fondamentali a cui non viene data risposta alcuna.

La prima domanda importante che rimane inattesa è, dove e chi abbia insegnato a Kittel a costruire archi. Ricordo che un paio di anni fa, quando il libro era appena uscito, ma nessuno lo aveva ancora letto, mi trovai a discutere animosamente con un collega straniero. L'argomento era proprio questo.

Avendolo già letto, sostenevo, e sostengo, che sia pressoché impossibile da autodidatta ottenere risultati di un livello così alto in così breve tempo. Anche se è vero che era liutaio, e ammettendo che avesse un talento enorme, costruire un arco al livello di Tourte richiede o un grande maestro, o molta pratica e quindi tempo.

Gli archi non sono solo oggetti, ma anche macchine perfette; strutture composte da elementi i quali hanno tutti un preciso motivo di esistere e essere così fatti. Anche solo riuscire a vedere un arco nella sua totalità richiede tempo, figuriamoci costruirlo.

Oltre a dover comprendere il perché di tutte le lavorazioni, c'è anche il problema non banale di dover capire con quali utensili farle. Gli attrezzi dei liutai sono completamente diversi da quelli che usano gli archettai. Basti pensare alle pialle; non solo sono diversamente impostate, ma mentre per gli archettai è strumento principe, in liuteria si usa per pochissime lavorazioni.

Quando durante la conferenza esternai le mie perplessità sull'origine degli archi Kittel, o quanto meno su chi fosse stato il suo insegnante, il mio collega mi saltò quasi letteralmente addosso dicendomi che: "Era un genio e ha imparato da solo. Come Francois Xavier Tourte".

Per la cronaca Francois Xavier Tourte, uno dei più grandi archettai della storia, non era affatto un autodidatta. Il padre Nicolas Pierre, anche se non costruiva archi moderni, era comunque un archettaio che ebbe addirittura occasione di lavorare le prime bacchette di pernambuco. Il fratello, Nicolas Leonard, oltre ad essere anche lui archettaio, fu anche il primo della famiglia a costruire archi modello "Cramer", cioè curvati all'interno, dal 1769 in poi. Quando "le Jeune" nel 1774 impugnò per la prima volta la pialla era molto ben seguito. Anzi, aveva sicuramente il migliore insegnante disponibile all'epoca: suo fratello!

Questo per far capire quanto poco l'esempio del mio collega rafforzò la mia convinzione. In oltre, per fare archi è necessario avere del legno di pernambuco con il quale costruirli. Ma anche a questa domanda non viene data risposta; citando il libro "si possono solo formulare delle ipotesi".

Arco da violoncello Carl Heinrich Konpf timbrato Leipzig Bausch

Fino alla fine degli anni '50, stando al libro, continua a costruire i propri archi, dopo di che si nota un cambiamento di mano nel lavoro. Il testo attribuisce gli archi prodotti in questo periodo ad un allora giovane archettaio di origine Tedesca: Carl Heinrich Knopf.

I contatti con Carl Heinrich Knopf (da ora CHK) sono ben documentati dalle fatture di acquisto degli archi.

Nel caso di CHK si sa sia con chi studiò, sia dove; quello che però non viene esplicitato dal libro è come questi due artigiani vennero in contatto.

La vita di CHK e il modo in cui entrò in contatto con Kittel saranno gli argomenti su cui speculeremo nel prossimo post, per adesso vi svelo l'arcano.

Colui che pronunciò la frase riportata nello scorso post altri non è che Henry Richard Knopf. Il figlio di CHK!

To be continued...

A presto

Paolo