ARCO DA VIOLONCELLO ETIENNE PAJEOT 1820
Conosco quest'oggetto, e con me anche voi, per averlo più volte intravisto sul blog, da molto tempo, ma non mi sono mai soffermato a sufficienza su uno degli archi che oltre a dimostrare la grandezza dell'autore, rappresentano una vera e propria Accademia Superiore dell'Archetteria. Uno dei miei Maestri più importanti; il sig. Pajeot.
Arco da violoncello Etienne Pajeot - 1820 (Clicca per ingrandire)
Nella mia personale classifica, come forse vi avrò già detto, Etienne Pajeot, autore della meraviglia che vedete, si piazza sul terzo gradino del podio. Preceduto a parimerito da F.X Tourte e J.P.M. Persoit. Ma più importante della classifica in se, sono le motivazioni che la supportano.
I parametri che ritengo fondamentali per esprimere un giudizio oggettivo sul lavoro di un archettaio, sono essenzialmente tre; capacità tecnica, creatività, e per ultima ma più importante, la capacita di leggere il legno e saperlo plasmare. Questa è la vera differenza che c'è fra un Grande e un buon artigiano.
Diamo per scontato l'enorme talento che Pajeot aveva con gli utensili in mano, e iniziamo con l'aspetto creativo.
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Come vi ho spesso spiegato, in questo periodo dell'archetteria Francese, le stilistiche non erano ancora standardizzate; il fenomeno delle scuole inizierà solo a partire dalla seconda metà degli anni 30 del '800. Gli artigiani erano quasi completamente liberi di agire e proporre le stilistiche che preferivano, senza sovrastrutture imposte dal rigore della forma degli anni successivi.
Non è difficile in quegli anni vedere sviluppi stilistici che al giorno d'oggi ci appaiono quanto meno improbabili. Si sa che la creatività non è un dono che han tutti, e quindi le scuole da un lato contribuirono a migliorare la qualità madia degli archi.
Naturalmente ciò non vale per Pajeot. In questo caso ad esempio, non solo propone un arco da violoncello con una testina che sembra molto più simile ad un violino, ma lo fa anche in un modo che sarebbe stato inconcepibile, quindi ineseguibile, per chiunque altro.
Ovviamente ci sono altri artigiani contemporanei, o di poco precedenti, come il padre ad esempio, che hanno eseguito testine con stilistiche simili, ma nessuno di loro è riuscito a dare questa fluidità.
Foto 1
Foto 2
Questa testa è la composizione dell'assurdo. Lo smusso sembra non avere relazione con la cresta, in oltre la lunghezza è quanto di più inconcepibile si possa immaginare per un arco da violoncello. Eppure non solo stanno insieme, ma danno anche alla testa una piacevole espressione di leggerezza. Proviamo a capire come ha fatto.
Questa testina non la si capisce fino in fondo finché non la si guarda di tre quarti, come nelle due foto qui sopra. Osservandola frontalmente non si riesce ad intuire la relazione che c'è tra le circonferenze della gola, quella della cresta, e quella della scarpetta; sembrano quasi completamente incongruenti.
Si inizia a sospettare qualcosa quando, guardando l'arco frontalmente, si osserva che il giro interno della gola è molto più stretto di quello esterno, che sembra somigliare, sia a quello della cresta, che a quello del giro della scarpetta, anche se non proprio uguali.
Torniamo per un attimo alla lunghezza. Questa testina è corta, ma deve comunque rimanere basso con la cresta, per slanciare il profilo. Così facendo però va a togliere spessore e quindi per recuperare qualche decimo, e mettere in sicurezza la testa, è costretto a fare la circonferenza interna dello smusso molto piccola, e a venire giù dritto, invece di entrare come si fa solitamente nei violoncelli.
Così facendo però disgiunge completamente le linee di armonizzazione della testina; il colpo di genio è come fa a ricongiungerle.
Lo si nota anche dalle due foto qui sotto. Tecnicamente entra molto sulle guance, e così facendo crea un illusione di scivolamento che gli serve a rendere armonico il tutto. Si perché se questa testa la osservate come nella foto 1, o 2, vi accorgerete che somiglia molto di più a quella di un violoncello, di quando la guardate frontalmente.
Le tre circonferenze, smusso esterno, cresta, e giro della scarpetta, che osservando frontalmente sembrano essere quasi perfette, guardate di tre quarti sono perfettamente in relazione. Così facendo è come se incassasse lo smusso dentro la cresta.
Un Genio assoluto!
Se ancora ci fossero dei dubbi su quale fosse il livello di quest'uomo, la conferma definitiva arriva dalla scelta dei materiali, e dalla capacità di piegarli.
Questa bacchetta è uno dei pochi miracoli che ho avuto la fortuna di vedere nel mio lavoro.
Il legno è ancora fortissimo e vibra come fosse una corda tesa, e la cosa veramente sorprendente non è la resistenza che ha ancora dopo circa 200 anni di vita, ma il rapporto peso/potenza; questo arco è una piuma.
In questo caso è tanto merito della natura, quanto di Pajeot che le ha donato immortalità.
La bacchetta è tagliata perfettamente, come potete vedere dalle foto, ed è sottilissima, tanto da farlo sembrare un arco da viola. Il legno non è molto denso, ma la velocità del suono è ancora altissima; sopra i 5600 m/s, il che mi porta a pensare che quando lo ha costruito, questa bacchetta fosse più di 6000 m/s.
E poi Pajeot.
Questa è la curva di arco da violoncello meglio conservata che abbaia mai visto. Nonostante sappia che quest'oggetto ha lavorato moltissimo nella sua lunga vita, la curva è assolutamente perfetta. Non solo è ancora omogeneamente distribuita, ma la quantità di curva è ancora intatta.
Come sapete, la superiorità delle curve antiche, rispetto a quelle moderne, oltre al suono, sta' anche nel progetto meccanico, studiato in modo che al momento in cui il legno perde parte della sua energia l'arco si distende ma continua a funzionare, grazie appunto ad un accortezza ingegneristica.
Qui però è diverso. Questo arco la curva ce l'ha ancora tutta, come se fosse uscito ieri dalle mani di Pajeot, e non so se sia tutto merito suo, o se la natura gli ha dato una mano, ma una cosa del genere non l'avevo mai vista. Quello che mi porta a pensare che Pajeot non gli sia stato da meno è che so, perché noi siamo un laboratorio di produzione, che più il materiale è bello, e più ti fa diventare pazzo. Deve essere stata una lotta dura e cruenta.
Il nasetto sfortunatamente non è originale, ma fortunatamente la copia è stata eseguita da un ottimo artigiano; il M° Daguin.
La scelta dei materiali è perfetta, quella dell'ebano in particolar modo, e la stilistica è veramente molto azzeccata; tanto che ho dovuto studiare a lungo il bottone per stabilire che fosse una copia.
Per una volta oltre a presentarvelo, ve lo offro anche. Lo scellerato proprietario di questo arco, che mi auguro ancora ci ripensi, lo ha messo in vendita.
Sapete che non mi occupo del commercio di archi antichi, se non in casi eccezionali, e questo sinceramente lo è. Per un attimo sono stato tentato di fare un offerta, poi sono tornato in me domando il mio istinto feticista latente.
Nonostante io riesca ad apprezzare questi oggetti, in modo profondo, non sono stati costruiti per una teca, ma per suonare, e quelli che ancora lo fanno, come questo, devono stare in mano a dei musicisti.
In questa trattativa non ho ruolo, se non quello di avervelo fatto conoscere. Chiunque fosse interessato a vedere, provare, e ascoltare questa meraviglia può contattarci, fissare un appuntamento, e venirci a trovare.
La trattativa sarà comunque privata tra il proprietario e l'acquirente, senza alcuna transazione.
... e a te "Scellerato" che so che mi leggi: non lo vendere!
Certificato di Jean Francois Raffin
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Specifiche e misure
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A presto
Paolo
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