EUGENE SARTORY; CELLO 1930
Qualche settimana fa ho avuto la fortuna di poter tenere con me per qualche giorno il bellissimo arco da violoncello Eugène Sartory che andrò tra poco ad analizzare per voi, ma prima è doveroso ringraziare il CR.Forma - azienda speciale servizi di formazione della Provincia di Cremona, che la settimana scorsa ci ha regalato una conferenza molto interessante dedicata alla scuola Francese di archetteria e tenuta dal M° Jean Francois Raffin.
Arco da violoncello Eugène Sartory 1930
Non c'è veramente niente da dire, e non ci sono dubbi; quando ti trovi tra le mani un Sartory capisci in un istante il perché di tanto successo.
La storia dell'archetteria è piena di mani molto belle, alcune addirittura sorprendenti; il caso più eclatante è J.J. Martin, il cui talento manuale era talmente grande, da permettergli di costruire archi dal taglio perfetto anche se aveva un occhio solo. Per capire quanto sia difficile, provate a chiudere un occhio mentre state guidando; un esperienza vale più di mille parole!
Anche da un punto di vista meccanico il buon Martin era superiore, grazie anche ad i suoi insegnanti, a Sartory.
Lui, Martin, aveva studiato prima con Maline, e poi con Maire, durante il suo periodo Parigino (1858/63), che come ben sapete erano entrambi allievi di Etienne Pajeot; scuola vecchia e quella grande!
Sfortunatamente per il giovane Eugène, quando inizia a costruire tutti i grandi del passato sono ormai entrati a far parte della schiera dei più, e deve accontentarsi di avere Charles Peccatte come insegnante; non esattamente il massimo.
Questo il vero motivo che pone Sartory in posizione di secondo piano rispetto ai grandissimi suoi predecessori. Se avesse anche intuito che le curve che faceva avevano degli enormi limiti, e avesse adottato delle meccaniche antiche, avrebbe potuto surclassare molti nomi altisonanti.
Che Eugène Sartory su tutto il resto del mestiere di archettaio aveva le idee chiarissime lo si capisce dall'arco preso in analisi.
Come si può vedere, Sartory rispetto ai suoi contemporanei aveva uno sguardo laterale e non omologato. La scelta dei materiali da costruzione in primo luogo. Non dimentichiamo che i tempi in cui inizia a lavorare sono quelli dei Bazin; materiali molto densi e scuri, ma dalle prestazioni non eccellenti.
Come si può ben vedere dalle foto, Sartory era di tutt'altra idea. Intendiamoci, non che non esistano suoi archi costruiti con dei materiali densi e scuri, ma questi due parametri non sono gli unici di cui teneva conto.
La capacità di leggere e comprendere il materiale che aveva in mano, è la differenza fondamentale tra Lui e i suoi contemporanei. Le sue scelte seguono criteri meccanico/acustici, molto più simili a quelli di illustri predecessori come Tourte o Persoit ad esempio. Che sia giallo, rosso, o nero, l'imoportante è che suoni.
Come potete ben vedere, l'arco fotografato è costruito con un legno marrone leggero, e sicuramente quando è nato il colore era ancora più chiaro, ma dopo più di ottant'anni la sua velocità del suono è ancora superiore ai 5.500 m/s; un miracolo per un arco del 1930!
Faccio una piccola parentesi per parlarvi di un tentativo di miglioramento meccanico. Osservando la foto qui sopra potete vedere l'ottagono di finitura che prosegue uscendo molto dalla fasciatura; in questo caso veramente estremizzato, trattandosi oltre tutto di un arco da violoncello.
Il motivo per cui lo faceva non è estetico ma meccanico. Come più di una volta ho scritto, le curve moderne, oltre ad essere molto rigide, per come sono sviluppate risultano essere cedevoli alla metà dell'arco. Visto che la sezione ottagonale a stesso spessore è più rigida di quella rotonda, Sartory tentava di dare resistenza lasciando l'ottagono molto lungo. Anche se inutilmente; era il progetto ad essere sbagliato.
Avevo avuto modo di vederlo prima che fosse portato dal M° Raffin a Parigi per eseguire il certificato, e ero giunto esattamente alla stessa conclusione. La datazione di questo arco ci suggerisce un altro aspetto molto importante del lavoro di Sartory; 1930.
Oltre ad essere un artigiano eccellente, Eugène Sartory come sapete era anche un commerciante sopraffino. Si recò addirittura negli Stati Uniti per intentare una causa per contraffazione.
Fare commercio e costruire, sono però due lavori, e anche se uno riesce ad eccellere in entrambi portano via tempo. La storia ci insegna che più di un ottimo artigiano ci ha rimesso la carriera tentando di farli entrambi.
Sempre Martin è un ottimo esempio. Quando alla fine degli anni 60 dell'ottocento tenta di ingrandirsi, all'aumento di produzione non corrisponde la stabilità qualitativa del prodotto, e nel 1881 fallisce miseramente.
Non è il caso di Sartory; lui è più bravo!
In primo luogo perché lungi da lui dare anche solo l'idea di aver messo su una fabbrichetta, quando il lavoro aumenta, inizia a selezionare pochi ma molto buoni artigiani che possano dargli una mano. Molto più simile a Etienne Pajeot sotto questo aspetto, che come sapete aveva in laboratorio Maire e Fonclause.
Anche Sartory ha buona sorte con il personale. Nel primissimo periodo, antecedente la Prima Guerra Mondiale, si fa aiutare da alcuni giovani tedeschi come Otto Hoyer, proprio per questo soprannominato in patria Le Parisier, ed in seguito dal giovanissimo Louis Joseph Morizot.
Dal 1935 circa incontra il suo ultimo collaboratore, Louis Gillet, che gli rimarrà accanto fino all'anno della sua morte (1946).
Ma uno dei veri colpi di fortuna, Sartory lo ha nel periodo centrale della sua carriera, ed è l'inizio della collaborazione con un grande e sempre troppo dimenticato; Jules Fetique.
Artigiano schivo e con doti commerciali sicuramente non al livello quelle del Maestro, e per questo motivo meno conosciuto, aveva una manualità eccellente e un gusto stilistico non inferiore a quello di Sartory.
Dalla collaborazione di questi due grandi sono nati alcuni dei migliori archi Francesi del '900. Potenti, definiti, e dal suono smaltato e graffiante, oltre che esteticamente perfetti e accattivanti, tutti timbrati a fuoco:
A presto
Paolo
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