STRASBURGO, MIRECOURT, E ALTRE STORIE
L'arco che vedete fotografato qui sotto, fa parte della fittissima schiera dei senza nome, anche se in questo caso di altissimo livello, e è anche Lui un bel colpo di fortuna del M°Ilya Grubert; ma sarà solo fortuna?
Arco anonimo Francia/Germania 1830/35
L'oggetto che vedete è la dimostrazione fisica di quanto sia insulsa la frase "la cultura non si mangia", pronunciata da uno dei nostri politicanti non molto tempo fa. Si perché è necessario avere un minimo di cultura e di preparazione, per entrare in un negozietio d'antiquariato di Amsterdam e con pochi euro portarsia casa un arco così.
Questo arco, in parte sicuramente Francese, è stato acquistato per la modica cifra di 800 Euro, e anche se la bacchetta, contrariamente a quello che penso io, fosse Tedesca, stiamo comunque parlando di un incremento di valore di più di dieci volte. Quindi il M° Grubert, spendendo più di 2000 Euro per il libro "L'Archet", più naturalmente un po di tempo per sfogliarlo, non solo si è guadagnato la cena e lo ha ripagato, ma gli è avanzato qualcosina per le vacanze.
Ovviamente per il Maestro è stato meno oneroso che per uno studente comprarsi il libro, ma pensate come sarebbe bello, se ogni conservatorio ne avesse una copia a disposizione degli allievi. Non parliamo poi di quanto aiuterebbe gli studenti, avere un corso dedicato alla storia e la meccanica degli strumenti ad arco, tenuta da un liutaio o archettaio professionista.
Intendiamoci, non sto perorando la mia causa per una prossima assunzione al ruolo, ma spesso quello che mi capita davanti, sono scene con genitori truffati da qualche commerciante con la "mascherina", come li chiamo io, che giustamente ti dicono: -"Sa, mio marito ed io non siamo violinisti e purtroppo ci siamo fidati"-.
In più, oltre al danno economico, ce ne è un altro ancor peggiore, perché chi ha archi e strumenti scorretti, non può imparare a suonare correttamente, e spesso si provoca dei danni muscolari importanti.
Ed in ultimo, il livello qualitativo del suono dei nostri studenti. E' un periodo difficile, perché i ragazzi sentono più dischi, che concerti dal vivo, e questo di per se contribuisce al formarsi di un idea distorta del bel suono.
Certo un operazione del genere comporterebbe un importante investimento iniziale, che verrebbe però ripagato da un miglior livello qualitativo degli strumentisti, che oltre ad avere un suono più bello, riuscirebbero anche ad avere qualche arma da usare contro i truffatori, e si ritroverebbero qualche soldino in più in tasca da investire; magari nella casa.
E ora l'arco.
Chiusura dello smusso della testa alla Francese
La prima cosa che stimola la curiosità è la tipologia di legno; marrone chiaro e di media densità, tipicamente usato nel primo periodo dell'archetteria in particolar modo Francese. Particolarità che aveva colpito anche il Maestro.
La curva è antica e molto ben tirata, particolare anche questo che contribuisce a datare il periodo di costruzione precedentemente al 1850.
Chiusura dello smusso della testa alla Francese vista superiore
Puntina triangolare alla Francese
Anche la geometria della testa riporta allo stesso periodo. E' veramente ben tagliata, fatta eccezione per gli smussi, quello destro in particolar modo, che hanno qualche piccolo scatto probabilmente imputabile a alcune fibre del legno particolarmente dure in quel punto.
Oltre ad essere ben eseguita, la testa da più di un indizio sulla provenienza dell'arco. La puntina in avorio è di profilo triangolare, come potete vedere, un classico esempio di stile Francese. In più, la linea dello smusso anteriore della testa, che vedete nella foto di tre quarti, non si ferma sul legno, ma arriva fino alla metà dell'avorio. Lo si può osservare anche nella vista superiore; per effetto degli smussi si formano due piccole rientranze poco prima dell'arrivo sulla casetta. Naturalmente anche questo puro Francese.
Scarpetta
Per il nasetto c'è invece qualche certezza in più. Il M° Raffin ha confermato la mia valutazione: provenienza Mirecourt, scuola Pajeot.
A dire la verità, il nasetto non era poi così difficile. L'ebano è di primissima qualità, e lo spessore dell'anello e il disegno della gola ricordano molto da vicino Etienne Pajeot. In oltre come potete vedere, la coulisse è diversa da quelle utilizzate abitualmente.
Questo modello di coulisse, con l'argento che arriva a coprire completamente la testa della paletta, fu un piccola e fallimentare invenzione di Pajeot, per ridurre l'usura dell'ebano, in uso tra il 1830 e 40.
In questo caso naturalmente non è Pajeot. Nonostante la buona esecuzione, ci sono ancora della imperfezioni geometriche. come il posizionamento degli occhi, non perfettamente centrati rispetto alla gola.
Anche le dimensioni delle perle non sono esattamente Pajeot; troppo piccole quelle degli occhi, e non abbastanza larga quella della slitta.
La coulisse è fissata con due chiodini e ha un numero romano inciso, che ci dice che l'oggetto proviene da una produzione seriale, seppur di buon livello.
Anche la mortasa ha un disegno tipicamente Francese; se ricordate, quelle Tedesche sono inscritte nella faccia di testa dell'ottagono.
L'arco è marchiato Bausch, ma il timbro è falso.
Come già detto, per il nasetto mi trovo in accordo con il M°Raffin, la bacchetta sono convinto che sia Francese, invece Lui dice che è Tedesca.
Per perorare la mia causa, faccio notare che l'arco in questione somiglia molto ad uno Schwartz fotografato nel loro libro.
Risposta sorridente: -"Si va beh, ma Schwartz non era proprio proprio Francese."-
Approfondimenti:
I PAJEOT O PAGEOT
ETIENNE PAJEOT; L'ARCHETTAIO DALLE MILLE TESTE
PAJEOT 1812
GEORGE FREDERIC SCHWARTZ; IL METICCIO
A presto
Paolo
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