ARCO DA CONTRABBASSO COLLABORATION LAPIERRE - PETRACCHI
"Ogni arco è un opera imperfetta che arriva a totale compimento nella mano dell'esecutore". E mai affermazione fu così vera come nel caso del mitico Lapierre del M° Franco Petracchi.
Arco da contrabbasso Marcel Charles Lapierre 1956
La frase di apertura del post è mia, ed è anche uno delle cose che mi affascinano di più del mio lavoro, oltre ad essere motivo principale che mi fa preferire la produzione al commercio puro.
Ci sono molti colleghi liutai che non riescono a capire per quale motivo, avendo una buona conoscenza della storia dell'archetteria, non la sfrutti commercialmente.
Le ragioni sono principalmente due. Per prima cosa non mi piace vendere archi brutti, e quando decidi di fare il commerciante puro, difficilmente riesci a campare vendendo solo Tourte, Persoit, e pochissimi altri illustri; anche perché non ce ne sono più molti in giro. Quindi sei costretto a ripiegare sulle produzioni mediocri di fine Ottocento primi Novecento, e francamente non lo trovo interessante.
Il secondo motivo è racchiuso nella frase di apertura.
Quando hai tra le mani un arco antico, bello o brutto che sia, l'oggetto che vedi è finito; é arrivato alla sua maturazione definitiva. Attenzione, non sto dicendo che gli archi e gli strumenti non subiscano modificazioni continue durante la loro esistenza anzi, sono oggetti viventi in continuo divenire. Come tutto ciò che vive però, anche gli archi hanno solamente una nascita.
Si potrebbe pensare che un arco sia finito, quindi nato, nel momento in cui l'artigiano ha terminato il proprio lavoro. In realtà ogni arco, o violino, quando nasce non sa ancora per quale motivo è stato costruito e cosa dovrà fare; le uniche mani che conosce sono quelle di chi lo ha fatto. E' il musicista che completa l'opera, facendogli capire il perché è nato.
E' bellissimo da vedere. La materia inanimata, che nota dopo nota prende vita, e letteralmente si accende. Anche se il Maestro Petracchi in questo caso per plasmare l'arco non ha usato solamente le note!
Se ben vi ricordate, nell'articolo dedicato a Marcel Lapierre, non avevo usato parole entusiastiche parlando del suo lavoro. Era un artigiano di secondo livello con una manualità assolutamente nella media, e quindi proprio queste caratteristiche lo rendevano adattissimo alla produzione degli archi da contrabbasso.
Nonostante la grossolanità del taglio, dovuta anche con molta probabilità alla velocità di esecuzione, Lapierre aveva però una caratteristica che gli permetteva di distinguersi un pochino dalla massa dell'esercito di Mirecourt; sapeva, forse per istinto innato, riconoscere il buon legno.
Anche il M° Petracchi, e ho avuto modo di constatarlo dal vivo, è accomunato dalla stessa sensibilità che aveva Lapierre per il buon legno, al punto di far diventare questo arco il suo compagno di vita.
Pensate che dopo cinquantasei anni di cura Petracchi, che hanno comportato, una riparazione nell'ultimo terzo della bacchetta, una enorme stuccatura sulla coda, e la totale distruzione di due nasetti, questo arco ha ancora una velocità del suono di 5650 m/s. Spaventoso, quando lo ha costruito doveva essere sopra i 6000!
Questo sicuramente il motivo per cui lo comprò, il problema è che non aveva fatto i conti con la grossolanità di Lapierre, che sarebbe stata tollerabile con un pezzo di legno più docile, ma con questa belva ci sarebbe voluto un artigiano come il mio collega per riuscire a fare un arco usabile.
Il problema di questo arco, oltre ad essere tagliato non proprio benissimo, come si vede dalle foto, è che la meccanica usata irrigidisce eccessivamente la struttura. La testa era altissima e la curva molto in avanti, e con la forza di questo legno significava perdere qualsiasi contatto sulla corda dopo la metà dell'arco.
Dopo i primi entusiasmi, il M° Petracchi, probabilmente in preda a orrendi dolori muscolari, fu costretto alla scelta; lo butto o provo a farlo funzionare?
Non volendo rinunciare alla potenza di questo legno, ha iniziato a riflettere su come poterlo migliorare. Come prima cosa, visto che alla punta perdeva aderenza, ha pensato di abbassare la testa in modo da avvicinare di più il crine alla corda. Facendo così la curva si abbassava e alla metà era troppo vicina al crine; e Lui ha fatto fare un nasetto più alto, rendendolo finalmente suonabile, e molto simile a un modello tedesco.
Da esperto di meccanica degli archi non nego che avrei fatto, "quasi", lo stesso, ma la cosa sorprendente è "quanto" sia arrivato alla soluzione corretta un non tecnico!
Dell'arco non c'è molto altro da dire. Stilisticamente si riaggancia alle mode del momento, mischiate tra Louis Bazin, un pò di Emile Auguste Ouchard, e molto Lotte, anche se dopo la modifica del M° Petracchi non ci può essere una visione completa della testa.
La curva è ben tirata, anche se l'ottagono tradisce la rapidità di esecuzione che trapela anche sulla testa; se andava piano ne costruiva minimo uno al giorno!
Come già scritto "Onore alla faticosa pialla"
Approfondimenti:
MARCEL CHARLES LAPIERRE E GLI UOMINI DI BUONA VOLONTA'
CHARLES LOUIS E CHARLES ALFRED; GLI ULTIMI BAZIN
EMILI AUGUSTE OUCHARD; L'ARCHETTAIO DEI DUE MONDI
FRANCOIS E ROGER LOTTE; UN ALTRA FAMIGLIOLA
A presto
Paolo
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