L'ARCHETTERIA ITALIANA; UNA DISCIPLINA SENZA SCUOLA
Come già avevo scritto, alcune settimane fa il M°Jean Francois Raffin, ha tenuto una conferenza dedicata agli archi Francesi qui a Cremona. Oltre ad essere un appuntamento molto interessante, soprattutto per chi fa il mio lavoro, mi ha anche fatto vedere nitidamente quali sono i reali problemi dell'archetteria Italiana.
Arco con testa a "lancia" in legno serpente e avorio
Come prima cosa questo appuntamento mi ha dato alcune informazioni utili, ed almeno una certezza.
L'informazione riguarda l'arco raffigurato nella foto. Durante la conferenza il Maestro ha illustrato la nascita di questa disciplina in Francia, analizzando il lavoro degli artigiani più importanti, una su tutti; la famiglia Tourte. Uno degli archi presi ad esempio era un Nicolas Pierre Tourte con la testa a "lancia" simile a quello della foto, anche se naturalmente non quello; le foto di alcuni archi le hanno solamente loro e le tengono ben chiuse negli archivi.
Comunque, l'arco mostrato, costruito da Pierre Tourte e datato 1745, è in Pernambuco. Questo dimostrerebbe che alcune prove con il nuovo materiale furono eseguite già nella prima metà del XVIII secolo anche in Francia, oltre che in Italia e in Germania. Il Maestro ha in oltre aggiunto che il nuovo legno arrivò nella città di Parigi alla fine del XVI secolo.
Anche se conosciuto da molto tempo, il Pernambuco divenne il materiale principe dell'archetteria solo alla fine del 1700; dal 1770 c.ca. Questo lo dico Io, e a sostegno di questa affermazione porto la conferma che mi ha dato il Maestro.
La conferma di cui parlo, è l'origine della curva antica, comunemente chiamata "curva Peccatte". Dovendo traghettare la storia da Nicolas Pierre ai figli, il M°Raffin è stato costretto a tirare in ballo il famoso arco portato a Parigi nel 1769 dal violinista Wilhelm Cramer; chiamato in seguito "Modello Cramer" appunto. Lo avevo letto sul loro libro, ma fino a che non l'ho sentito dalla sua viva voce, ho creduto che in fondo il pudore gli impedisse di dichiarare pubblicamente che l'arco arrivato a Parigi nel 1769 non aveva la curva; invece lo ha fatto!
Nel momento in cui lo ha detto, si è udito il primo colpo di tosse del traduttore, anche Lui un nostro collega, e nello stesso istante ho guardato Daniel, per chiedere conferma di quello che avevo sentito.
La reazione, sia nostra, che del collega, è dovuta al fatto che tutti e tre facciamo lo stesso lavoro del M°Raffin, quindi non solo sappiamo che un arco con la testa e il nasetto così alti senza curva non funziona, ma visto che per i professionisti si tratta dell'ABC della meccanica degli archi, c'è anche del dolo. Intendiamoci, un arco così non è che funziona poco o male, non funziona per niente. Non avendo curva nelle note lunghe tenderebbe a cadere di lato e non darebbe alcun contatto con lo strumento, balzando invece si sposterebbe lateralmente di cinque centimetri ad ogni rimbalzo.
Per approfondimenti:
CRAMER CONTRO CRAMER; OVVERO IL PROCESSO EVOLUTIVO (Parte I)
CRAMER CONTRO CRAMER; OVVERO IL PROCESSO EVOLUTIVO (Parte II)
La conferma del dolo c'è stata pochi minuti dopo, quando il Maestro ha spiegato, molto chiaramente devo dire, i tre differenti modelli di curva utilizzati dal periodo Tourte ad oggi; dando prova di conoscere molto bene il meccanismo di funzionamento degli archi.
Lui divide l'evoluzione dell'arco moderno in tre periodi: Tourte, Voirin, e Sartory. Per quello che mi riguarda, come sapete considero la curva Sartory come la fine dell'evoluzione di quella di Voirin, e quella Ouchard fils, Bazin, Morizot, la degenerazione della Sartory; analisi formalmente diverse, ma fondamentalmente uguali.
Oltre ad illustrare le varie curve, ha anche sottolineato la superiorità di quella antica su quella moderna, sostenendo che "è molto difficile che un solista di alto livello usi un Sartory in concerto, perché queste meccaniche non danno sufficiente stabilità e controllo dinamico". In questo momento c'è stato il secondo colpo di tosse del nostro collega, come se non fosse d'accordo.
La piccolissima "querelle" che c'è stata tra i due mi ha sorpreso non poco, e mi ha fatto comprendere fino in fondo quale sia l'importanza di avere una scuola valida.
Se con il primo colpo di tosse mi ero trovato in accordo, con il secondo molto meno. Daniel ha spiegato la posizione del nostro collega, con la necessità di vendere i suoi prodotti, la mia interpretazione è diversa e supportata da un altro fatto a cui ho dato importanza in seguito.
Oggi giorno i più importanti rappresentanti della scuola Francese di costruzione utilizzano tutti, e sottolineo tutti meccaniche del primo periodo. Non c'è una discussione su questo punto; si è chiusa circa quarant'anni fa, quando Bernard Ouchard, nel 1971 è tornato a Mirecourt ad insegnare quello che aveva imparato studiando gli archi dei Grandi del primo periodo in più di un ventennio passato da Vidoudez.
Tutti gli archettai di Francia nutrono un enorme e profondo rispetto per quest'uomo, e ne è chiarissimo il motivo. Grazie a Lui, che ha fatto della sua vita studio e insegnamento, invece che profitto, la Francia è potuta risorgere dalle nefandezze indegne dell'ultimo Ottocento primo Novecento, riconquistando parte importante della scuola che l'aveva resa Grande.
Se alla conferenza ci fossero stati archettai Francesi, non ci sarebbe stata nessuna querelle, perché la superiorità di queste meccaniche da loro è cosa consolidata. La differenza di prezzo tra un Sartory e un Doninique Peccatte sta tutta nella superiorità del progetto meccanico! Qui da noi, colpi di tosse a parte, mi sono reso conto per la prima volta concretamente di quanto la nostra scuola sia arretrata rispetto alla loro.
Eravamo circa cinquanta persone in quell'auditorium, tutti liutai o archettai, anche se questi ultimi in minoranza, e solamente in quattro, tra cui il relatore e il suo traduttore, protagonisti dello stesso, abbiamo capito quale era la ragione del piccolo screzio. Tutto il resto della platea non si è accorto assolutamente di niente, e la spiegazione è semplice; da noi Bernard non è arrivato, o quasi. Per assurdo, chi di voi abbia letto e provato a comprendere che cosa scrivo nei miei post, sarebbe stato sicuramente in grado di comprendere molto meglio dei presenti quello che il M°Raffin stava dicendo. E questo, concorderete con me, è quantomeno assurdo.
Per essere in accordo o in disaccordo con una qualsiasi cosa la devi almeno conoscere, e in quella sala nessuno sapeva neanche di che cosa stessero parlando. Questa la condizione della scuola Italiana di archetteria.
Per approfondimenti:
MORBIDEZZA E RIGIDITA'
BERNARD OUCHARD; L'UMILE EDUCATORE
-"Balla anche per tutti i violenti veloci di mano e coi coltelli, accidenti.
Se capissero vedendoti ballare di essere morti da sempre anche se possono respirare."-
Lucio Dalla 4/3/1943 - 1/3/2012
A presto
Paolo
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